Capire i propri figli, avere un buon dialogo con loro, essere i loro più fidati amici e confidenti, ma al contempo dimostrarsi adulti, responsabili e rigorosi. Ogni genitore vorrebbe essere per i suoi bambini un perfetto genitore, ma spesso nella ricerca affannosa della cosa giusta da fare, del metodo corretto da adottare, o nella ricetta indicataci da parenti e amici da seguire, ci dimentichiamo che essere mamme e papà è prima di tutto essere se stessi, con il proprio istinto innato che ci porta a prenderci cura di chi amiamo e di chi è indifeso nel miglior modo possibile… per natura.
A ricordarcelo è Jack Pransky, nel suo Genitori dal cuore, della collana Tre Principi. Più che un libro… un buon compagno del viaggio della vita per molti genitori, tra cui senz’altro Simona Ronchiadin, mamma, scrittrice e coach Tre Principi, che abbiamo scelto di intervistare:
1) Simona, in che cosa si differenzia Genitori dal cuore rispetto ad altri libri riguardanti il rapporto genitori-figli?
Genitori dal cuore, a differenza di altri testi che trattano argomenti educativi per bambini e ragazzi, non ha alcuna pretesa di essere letto come un manuale. Al suo interno non si trovano strategie, tecniche o teorie su come essere un buon genitore ma solo un invito a guardare sempre e solo nella direzione di come l’esperienza umana viene costruita di momento in momento.
Nel senso comune si dice che tutti gli esseri umani adulti in una condizione di quiete e serenità abbiano un istinto primordiale a prendersi cura di creature più piccole e indifese.
Per la mia esperienza di educatore e genitore mi rendo conto che quello che viene chiamato istinto di cura, non è altro che la spontanea necessità di mettersi in contatto profondamente con altri esseri umani con i quali stabilire un rapporto intimo e intenso.
A un qualche livello, tutti i gli adulti pensano che per diventare buoni genitori si debba fare molta esperienza, e che per i primi tempi ci si debba avvalere di qualche buon consiglio dato da persone classificate come veri esperti in questo campo.
E non ha alcuna importanza che si tratti di nostra madre, di un’amica o del più alto esperto in pedagogia applicata; ogni buon consiglio farà l’effetto di una bella ricetta di cui però non abbiamo tutti gli ingredienti.
Ed è interessante notare che quando si è troppo presi ad ascoltare i buoni consigli e fare tutto secondo una certa logica, perdiamo il contatto con la nostra spontanea attitudine di entrare in relazione e iniziamo a sentire confusione.
Tutto diventa più semplice quando guardiamo nella direzione che ci ricorda Jack: ascoltare nostro figlio con la mente sgombra e senza alcun intermediario.
Ecco perché amo questo libro; perché riesce con grande leggerezza e semplicità a ricordarci che quello che più conta in una relazione educativa è la qualità della nostra Presenza e non le nostre abilità.
2) Nella tua esperienza di mamma hai avuto modo di applicare i Tre Principi nell’educazione dei tuoi figli? Che benefici hai ottenuto?
Vedere come funzionano i Principi nelle relazioni è sempre qualcosa di molto interessante.
Sì, perché i Tre Principi, non possono essere applicati come se fossero una strategia o una logica pedagogica, essi sono il modo con cui costruiamo l’esperienza, senza nessuna eccezione. Ecco perché non posso dire che li applico, esistono a prescindere da me e dalla mia conoscenza.
L’anno scorso ebbi la fortuna di partecipare a un convegno internazionale a Londra nel quale si erano riuniti i principali facilitatori e insegnanti dei Tre Principi del mondo. In più occasioni mi son trovata faccia a faccia con persone che da trent’anni esplorano i Principi e in una di queste, mi ritrovai in un piccolo gruppo di persone davanti a Linda Pransky una delle mie insegnanti preferite. Un uomo di fianco a me prese la parola e con un certo pathos le rivolse una domanda: “Linda, capisco come lavorano i Tre Principi e in alcuni ambiti riesco a vedere la loro azione con grande chiarezza, mentre in altri proprio non ci riesco all’istante. Anzi spesso mi capita ancora di soffrire o di fare scelte di cui poi mi pento”.
Lei lo guardò intensamente, poi rivolse lo sguardo a tutti noi per osservare se fossimo stati tutti sintonizzati con la domanda del mio compagno di gruppo e alla fine la sua risposta fu: “Benvenuti nel Club”.
La trovai illuminante. Sì, perché conoscere come funzionano i Principi non ti dà il potere di escludere le oscillazioni d’umore, il modo usuale di pensare e di rapportarti alla vita ma ti svela solo come funziona il meccanismo.
Per cui, sì certo, in famiglia con i miei figli riesco più facilmente ad osservare quando le acque si agitano o quando invece sono calme e cristalline; scelgo con maggiore attenzione i tempi e i modi in cui desidero comunicare qualcosa d’importante e mi fa rimanere più calma e svagata quando le cose non girano in maniera armonica.
E se qualche anno fa, inseguivo un certo modello di famiglia e mi comportavo come se ci fosse qualcosa di giusto o sbagliato da fare, ora riesco finalmente a ricordarmi che i miei figli hanno un loro particolare modo di esprimere la Vita e il mio compito come genitore sta nell’offrirgli uno spazio di totale neutralità in cui possono ritornare più facilmente alla loro quiete e tranquillità.
3) E nella tua vita di figlia?
Nella mia vita di figlia direi che la rivoluzione è stata epica. Prima di conoscere i Principi, avevo passato un bel periodo della mia vita ad analizzare il mio nucleo familiare d’origine, facendo un po’ la conta di ciò che aveva funzionato o fallito nel loro modello, così da aggiustare il tiro con i miei ragazzi e mio marito.
Per esperienza personale, ti dico che i primi tempi mentre andavo a “lavorare” su tutto ciò che mi aveva causato della sofferenza, invece di sentirmi liberata, notavo che il mio disappunto cresceva in maniera costante e pervasiva.
E non perché avessi trovato innominabili scheletri nell’armadio ma semplicemente perché anche nelle migliori famiglie, e di sicuro la mia si piazza ad ottimi livelli per il senso di cura e di amore che ne ho ricevuto, esistono momenti di difficoltà e incomprensione, se le parti si lasciano trasportare da un pensiero insicuro e confuso.
E sì, nella mia famiglia è accaduto che mancasse in qualche momento una comprensione profonda sulle esigenze di ogni singolo componente e questo ha generato soprattutto nell’adolescenza mia e di mio fratello, musi lunghi e porte sbattute in faccia.
La comprensione dei Principi mi ha fatto osservare i miei ricordi e le mie percezioni in maniera del tutto differente.
Prima di tutto non mi tormento più nel sapere che i miei genitori hanno compiuto scelte che non sono mai riuscita a condividere, né tantomeno vivo con particolare disagio le frizioni che sentiamo tutt’ora quando vediamo le cose in maniera differente. Il punto è che quando riesci a cogliere come l’esperienza umana viene costruita di momento in momento inizi a smetterla di tormentarti con inutili pensieri di sofferenza.
Qualsiasi cosa ti sia accaduta in passato e per quanto difficile sia stato per te l’incontro e la relazione con la tua famiglia d’origine, sappi che in ogni momento hai un infinito potenziale per un nuovo inizio.
Così anche se non hai alcun potere di cambiare il passato e agire sui comportamenti delle persone a te vicine, puoi vivere le stesse dinamiche e le stesse relazioni da una prospettiva totalmente differente.
4) Insomma, Genitori dal cuore è un libro utilissimo da applicare, o meglio da “vivere”, in famiglia. Ma, dal momento che i Tre Principi sono un approccio più che una disciplina, è corretto affermare che questo libro in realtà possa trovare una sua funzione in contesti altri, come ad esempio la scuola, nel rapporto studenti-docenti, nella vita dei formatori, ma anche in altri lavori che non riguardano nello specifico i bambini e la loro educazione?
Comprendere i Principi è un ottimo inizio sempre, a prescindere dal contesto.
Una volta, partecipai in qualità di formatrice, a un incontro orientativo per le scuole superiori condotto da un professore Universitario di Diritto Pubblico. I ragazzi presi dalla tensione di fare la scelta giusta e colti dalla deriva emotiva di avere quest’ultima chance prima di essere collocati professionalmente, chiesero al professore quale tipo di facoltà avrebbero dovuto scegliere per trovare più facilmente lavoro.
In quell’occasione ascoltai una delle migliori risposte in ambito scolastico della mia vita.
Sì perché il professore, invece di influenzare i ragazzi a iscriversi a uno dei corsi nella propria facoltà o scegliere la strada più di moda per quel momento, disse queste semplici, lapidarie parole: “È molto più facile che trovi lavoro un laureato in greco antico appassionato alla materia, piuttosto che un dottore in Economia e Commercio che non sente alcun divertimento nell’esercitare la professione”.
Non potevano essere pronunciate parole più semplici e incisive per cogliere l’infinita Saggezza che si trova nel buon senso, alla quale la comprensione dei Tre Principi ci permette di rimanere connessi…
Si conclude così la prima parte dell’intervista a Simona Ronchiadin, che vi aspetta domenica 22 febbraio alle 12.30 alla presentazione del libro Genitori dal cuore, presso la sala Tignous del Buk festival della Microeditoria di Modena. Non mancate!!
Giulia Rossi
Simona sta scrivendo il suo libro su questo argomento, guarda il video di presentazione!