C’è una passione prorompente che scorre nelle vene degli artisti, che parla lingue diverse ma dritta al cuore ci arriva sempre.
È quella che ti coglie alla sprovvista, facendoti creare capolavori quando meno te lo aspetti. È quella che ti fa macchiare le mani di tempera o consumare le dita sulle corde di una chitarra. Quella che ti fa perdere la cognizione del tempo, che ti fa emozionare e che fa emozionare. Quella dove rifugiarsi quando si è tristi, quella dove esprimersi quando si è felici.
Ma è soprattutto quella che ti fa andare avanti con determinazione e con il sorriso, che ti fa sopportare i sacrifici che un mestiere come questo richiede. Il tutto in nome di un grande obiettivo: trasmettere quella stessa passione che arde dentro ogni artista al mondo, partendo dai più piccoli.
Ed è proprio per diffondere questo amore in semplicità che domenica 22 giugno si è svolto l’annuale Picnic! Festival dell’illustrazione e del fumetto, come di consueto al parco delle Caprette di Reggio Emilia. Erano tanti gli artisti presenti e tanti i anche i bambini, che non si sono voluti lasciar scappare la possibilità di trascorrere una giornata in compagnia dei propri eroi.
Armati di fogli e matita gli illustratori e i fumettisti, appoggiati su tavoli rigorosamente apparecchiati con tovaglie a quadri rossi e bianchi in pieno stile campestre, hanno dunque dato il meglio di sé, non deludendo le aspettative di piccoli e grandi appassionati del settore.
E tra il pubblico era presente anche Samanta Malavasi, illustratrice “di nascita” e di professione che di recente ha disegnato le illustrazioni e inventato le storie di alcuni albi illustrati editi da Errekappa Edizioni: Uno strano nido e Amici per la puzza, pubblicati in versione bilingue.
Con la spontaneità di un’artista che vive a colori e l’esperienza di chi è da anni nel settore dell’illustrazione, Samanta ha accettato di rispondere ad alcune nostre domande. Così, seduti sul prato, respirando il profumo di creatività, tra gli schizzi dei pennelli e gli sguardi curiosi dei bambini, è nata questa intervista:
1) Disegnare per vivere dev’essere fantastico. Dev’essere un po’ come chiudere gli occhi e immaginare ogni giorno un mondo diverso. Quando è nata in lei questa passione per l’illustrazione e come si è manifestata? Ci può spiegare il suo cammino professionale?
Ho sempre vissuto tra latte di colore, carte da parati e l’odore dell’acqua ragia, o meglio dire, solvente per pulire i pennelli. Una tradizione di famiglia, iniziata da mio nonno, portata avanti da mio padre, entrambi imbianchini e decoratori. Forse è per questo motivo che il colore nella mia vita ha fatto da padrone, determinando il mio percorso di studi. L’Istituto d’arte a Modena e poi l‘Accademia di Belle Arti a Bologna con indirizzo Pittura, mi hanno permesso di avere una visione ampia della parola “ARTE”.
Ho scelto infine la strada dell’illustrazione, seguendo vari corsi in giro per l’Italia (Sarmede, Bologna, Padova) che mi hanno dato l’opportunità di sperimentare svariate tecniche, stili e tutto ciò che gira intorno all’illustrazione. Ho iniziato a produrre i miei primi Albi di cui sono autrice e assieme illustratrice, soltanto dopo un percorso faticoso di fiere, e-mail, ricerche in ogni luogo, contatti vari all’estero e in Italia. Solo la passione immensa per questo lavoro ti dà la forza per un cammino tanto lungo.
2) Come mai ha scelto proprio questo tipo di linguaggio artistico per esprimersi? E quali sono le caratteristiche di questa professione che l’hanno fatta innamorare?
Questo tipo di linguaggio è abbastanza diretto e ti permette di dirigere le tue capacità in molte direzioni, spaziando attraverso molti supporti. Mi piace perché non ha barriere e può parlare a chiunque lo voglia ascoltare.
3) Ma come nascono le idee? Ha qualche fonte di ispirazione o qualche artista a cui far riferimento?
Le idee nascono da una lettura, da una camminata nella natura, da un servizio sentito alla radio, dal ricordo delle fiabe che mi leggeva mia madre, dalla mostra che ho visto in una splendida città, o dalla città stessa (io adoro le città cosmopolite, sono una continua fonte di ispirazione), ecc.
Gli artisti a cui mi ispiro sono sempre stati tanti: dal mio modo iniziale di illustrare, direi che Chagal per quanto riguarda i colori, mi abbia aiutato tanto; ma la pulizia dei “Tagli” di Fontana ha sempre avuto su di me un fascino che va oltre il supporto, infatti prima delle Illustrazioni sono venute le istallazioni, poi con il tempo ci si evolve: ho iniziato ad innamorarmi di Guido Scarabottolo, Christoph Niemann, Lorenzo Mattotti, Gary Taxali, Brean Rea, Noma Bar, Gianni de Conno, Luzzati, Munari, Toccafondo, Alessandra Cimatoribus, ecc.
4) La cultura, l’arte in particolar modo, stanno soffrendo molto in questi anni di crisi economica. Lei personalmente ha incontrato degli ostacoli sulla sua strada? Se sì, ci racconta come ha fatto a superarli?
In questo momento di crisi generale, si sente la necessità di stringere i denti ed essere determinati sulle proprie scelte.
5) Quello dell’editoria è un mondo in profonda trasformazione, soprattutto dal punto di vista tecnologico. Com’è cambiato il ruolo dell’illustratore negli ultimi anni?
Sì, è vero, la tecnologia al momento gioca un ruolo di rilievo, ma sono convinta che non sia determinante il supporto per dare un’informazione o far passare un messaggio attraverso un’illustrazione, in ogni tempo ci sono stati passaggi epocali, superati brillantemente. La paura del nuovo spaventa tutti, questo passaggio, se si può chiamare così, si può ovviare tenendosi aggiornati.
6) Che consigli si sentirebbe di dare a un/una giovane apprendista che sogna di diventare illustratore? Quali sono le doti indispensabili che bisogna possedere per diventare un buon professionista nel campo dell’illustrazione e come si può fare per metterle in pratica al meglio?
Penso che la determinazione in ciò che si fa sia indispensabile, l’amore per questo bellissimo mestiere ti fa superare ogni ostacolo, inizialmente è una montagna invalicabile; bisogna tenere conto di tutto e di tutti quelli che girano intorno a questo mestiere, conoscere ogni fiera, ogni Illustratore, ogni Concorso, libro, Albo attuale o senza tempo. Insomma cercare, informarsi, fare, disegnare, leggere, sapere, e avere tanta, tanta, tanta PAZIENZA, prima che qualcuno si accorga di noi.
7) Veniamo nello specifico, parliamo di illustrazioni per l’infanzia. I più piccoli vivono di sensazioni, quella visiva soprattutto. Quali sono gli “ingredienti” che deve avere un’immagine per fare colpo sui bambini?
Per quanto riguarda le Illustrazioni “per Bambini”, etichetta che dovremmo assolutamente togliere, perché un’illustrazione è per tutti, la mia idea, osservando i bambini nei vari laboratori, è la semplicità. Cito il tormentone degli ultimi anni: “Peppa Pig”; funziona perché è semplice, immediata, parla solamente di positività in cui il bambino si trova protetto, insegna giochi ai genitori che a loro volta possono fare con i loro figli. La famiglia di Peppa è perfetta, costituita da un padre che li fa giocare e inventa sempre qualcosa di nuovo, una madre che è a loro disposizione sempre, non come la frenesia lavorativa in cui i bambini non si riconoscono e allontana i genitori. Ecco, secondo me, dovremmo rispolverare un po’ di semplicità.
8) Un’ultima domanda: che cosa contraddistingue le illustrazioni “per bambini” italiane da quelle estere?
Diciamo che ogni Nazione ha la sua peculiarità, mentre in Francia si osa di più, in Italia, si cerca la classicità: sono due modi diversi di affrontare il mondo dell’Illustrazione, anche se non si può fare di tutta l’erba un fascio. Ci sono realtà editoriali in Italia molto valide che danno una “sferzata internazionale” al nostro Paese.
Giulia Rossi