L’inizio della scuola è un po’ come l’inizio di una nuova vita. E come tutti gli inizi, ci fa sentire euforici, curiosi, ma anche spaventati, nervosi, preoccupati.
Non credo di sbagliarmi affermando che ognuno di noi abbia ben impresso nella memoria almeno qualche flash del suo primo giorno tra i banchi delle elementari. La sveglia all’alba con le farfalle nello stomaco, una colazione con pane, burro e marmellata preparata con premura dalla mamma, lo zaino dei nostri eroi preferiti sulle spalle, il “Comportati bene” del papà e poi il viaggio in auto guardando fuori dal finestrino il traffico che ritorna in città a metà settembre, respirando quell’odore di cancelleria nuova che resta nel naso anche da adulti.
IL PRIMO GIORNO DI SCUOLA. Il mio primo giorno di scuola, 20 anni fa, è scritto nei miei ricordi soprattutto grazie a una foto di rito che nella mia famiglia è abitudine fare davanti a casa il primo giorno di ogni anno scolastico: due codini castani, un sorriso ingenuo, la cartella di Barbie e l’odiato grembiule bianco. L’unico di tutta la classe.
Ricordo come se fosse ieri l’arrivo in 1°B: qualche bambino piangeva all’idea di dover lasciare la mamma per una mattina intera, c’era chi non riusciva a star fermo sulla sedia per più di 10 minuti, chi ascoltava le prima indicazioni della maestra senza batter ciglio. E poi c’ero io in prima fila nel banco centrale. Per quanto fosse possibile mi guardavo intorno, cercando di accertarmi del fatto che nessuno mi prendesse in giro per via del mio grembiule. Non mi piaceva sentirmi diversa. Avevo paura di essere derisa e di conseguenza provavo una sensazione di insicurezza verso me stessa che mi impediva di socializzare. No, non avrei più rimesso quell’indumento, mai più.
La mattina seguente mia madre mi lasciò scegliere che cosa fare. Ma mi disse che il fatto di indossare o meno il grembiule non avrebbe nascosto il mio carattere socievole e solare. Rimanevo sempre io. Con un broncio un po’ orgoglioso, decisi di darle retta e mi convinsi a indossarlo, considerando il problema del grembiule come qualcosa di superfluo. Subito mi sentii molto più rilassata. Il risultato fu sorprendente: all’intervallo avevo già fatto amicizia con due bambine che tutt’oggi sono ancora mie amiche, alle quali non importava se avevo una felpa di Barbie all’ultima moda o un grembiule in pieno stile anni ‘80.
Crescendo, proprio quando si inizia ad entrare a piccoli passi in una società in miniatura come la scuola, può capitare a tutti di avere qualche piccola difficoltà a relazionarsi con gli altri. Ci potrà essere chi fa fatica a recitare una poesia in pubblico, chi è più timido e ci mette più tempo a fare amicizia, chi si vergogna di esporre una lezione davanti alla classe, bloccandosi, chi verrà preso in giro per l’apparecchio ai denti e così via. Ciò che importa è cercare fin da piccoli di imparare a conoscersi e a essere consapevoli delle proprie capacità, delle proprie doti e, di conseguenza, sentirsi più sicuri di sé.
REGINE D’AFRICA. Per chi poi ha bisogno di un supporto in più, consiglio la lettura del libro Regine d’Africa di Judy Bartkowiak, mamma, scrittrice e studiosa di Programmazione neuro linguistica.
Si tratta di un testo di Pnl che offre ai piccoli lettori la possibilità di apprendere in modo semplice e divertente un atteggiamento utile per affrontare le piccole difficoltà quotidiane e le grandi sfide che la vita ci presenta, grazie a semplici tecniche innovative ed efficaci.
A sperimentarle nel corso del libro sono tre ragazzine africane Wuraola, Nneka e Azeezah che frequentano la Scuola internazionale dei sogni e, come molti altri studenti spesso si sentono insicure, ma grazie agli esercizi di Judy riusciranno a riscoprire la loro serenità interiore.
PIÙ SICUREZZA PER I BAMBINI STRANIERI. La speranza, in un’ottica in cui le scuole sono sempre più multietniche ed eterogenee come quelle odierne, è che queste tecniche possano essere d’aiuto anche a quei bambini stranieri, da poco arrivati in una nuova realtà, che potrebbero sentirsi maggiormente insicuri, soprattutto nelle relazioni con i loro compagni di classe. E, più in generale, per tutti quei bambini che percepiscono la diversità di razza come una debolezza.
Questo libro infatti si inserisce in una collana molto più ampia e variegata che si propone di combattere l’insicurezza non solo dovuta a piccoli quotidiani episodi di vita, ma anche a quella dovuta a qualcosa di più pesante da sopportare: il sentirsi diversi e quindi discriminati per il fatto di avere la pelle scura, tanto in occidente quanto in Africa, dove le soubrette della tv da imitare, soprattutto per le ragazzine, sono tutte magre, bionde e con la pelle chiara.
LE BAMBOLE CON PELLE SCURA.
È a questo proposito che l’imprenditore Taofick Okoya ha dato vita a un progetto unico e innovativo: la creazione e il commercio di bambole, le “Regine d’Africa” appunto, con la pelle scura e i vestiti dai colori sgargianti che seguono le mode africane.
Il successo ottenuto da Okoya è stato tanto ampio quanto inaspettato, tanto da far tremare il colosso dei giocattoli americano.
“Queste bambole rendono le bambine più sicure di sé, dimostrando che per essere affascinanti non bisogna avere per forza la pelle bianca o vestire all’occidentale”, afferma l’imprenditore.
Giulia Rossi